Compositore. Dopo i primi studi condotti col padre, divenne allievo di A. Lotti. Maestro del coro dell'ospedale dei Mendicanti (1740), passò poi alla basilica di S. Marco in qualità di vice maestro nel 1748 e poi, nel 1762, di maestro di cappella. Tre anni dopo si trasferì a Pietroburgo, chiamatovi da Caterina ii; nel 1768 fece ritorno a Venezia, dove riprese l'attività precedentemente interrotta. Compositore fecondissimo, G. scrisse un centinaio di opere teatrali, una trentina di oratori, molte pagine di musica sacra, concerti per vari strumenti e 85 sonate per clavicembalo. Fu l'opera comica a dargli fama duratura; ma a quel genere G. era approdato tardi, nel 1744, dopo numerose affermazioni nel campo del melodramma serio (dove non eccelse meno che in quello giocoso: si ricorda in particolare Adriano in Siria, 1740, La clemenza di Tito, 1760). Determinante fu l'apporto di Goldoni, del quale G. mise in musica 20 libretti, fra cui L'Arcadia in Brenta (che segnò l'inizio della collaborazione, 1749), Il mondo della luna (1750), Il paese della cuccagna (1750), Il mondo alla roversa (1750), Il filosofo di campagna (1754, capolavoro del genere), La cantarina (1756). Tali opere, e numerose altre, rivelano qualità di stile e gusto formale ben diversi da quelli in uso presso i maestri napoletani; a Napoli, del resto, G. non fu mai apprezzato, diversamente da quanto accadde nelle principali città europee. L'approfondimento psicologico, sottilmente sottolineato anche dall'orchestrazione, tende a porre in rilievo gli atteggiamenti patetici e sentimentali, preparando in tal modo il terreno ai maestri dell'epoca classica; e certamente Haydn, nel musicare alcuni di quegli stessi libretti goldoniani, guardò a G. come a un modello, cogliendo il senso dell'alternativa da lui implicitamente posta allo stile napoletano imperante. G. ama commentare l'azione, seguire il rapporto poesia-musica evitando il canto fine a se stesso, insistere su temi chiari e netti, ritmicamente ben sbalzati. Il ritmo costituisce la caratteristica saliente dello stile galuppiano; ne sono una riprova le importanti 85 sonate clavicembalistiche, le quali, se presentano negli adagi inflessioni quasi patetiche e d'una cantabilità raffinata, nei tempi veloci offrono la testimonianza più tangibile di quell'impressionismo ritmico che è tipico del clavicembalismo italiano dell'epoca; in questo senso G. è forse, dopo D. Scarlatti, il più importante autore di musiche per strumento a tastiera apparso in Italia prima di Clementi. Compose ancora 27 oratori, molta musica sacra, 2 concerti per clavicembalo e 3 per flauto, archi e continuo, 1 trio per flauto, oboe e continuo, 7 concerti a quattro per archi.